
Sergio De Caprio, detto anche “Capitano Ultimo” (Montevarchi, 21 febbraio 1961), è un politico, saggista ed ex militare italiano ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, appartenente ai reparti speciali a cui si deve l’arresto di Totò Riina.
È noto principalmente per aver eseguito, quando era a capo dell’unità Crimor dei ROS dei Carabinieri, l’arresto del capo di Cosa nostra Totò Riina il 15 gennaio 1993. Con il grado di colonnello è stato vice comandante del Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente a Roma.
Ha fondato la casa famiglia “Volontari Capitano Ultimo” di Roma, dove porta avanti progetti di solidarietà nei confronti dei meno fortunati.
Originario della provincia di Arezzo, studia presso la Scuola militare Nunziatella di Napoli e vince il concorso per l’Accademia militare di Modena dove compie gli studi e la formazione, diventando Tenente dei Carabinieri e prestando servizio alla Compagnia di Bagheria, dove nel 1985 arresta il latitante Antonino Gargano ed il mafioso Vincenzo Puccio, assassino del Capitano dei Carabinieri Emanuele Basile.
Trasferito a Milano con il grado di Capitano, tra il 1989 e il 1990 sviluppa le indagini dell’inchiesta “Duomo connection” coordinata dal Pubblico ministero Ilda Boccassini e relativa alla penetrazione mafiosa a Milano. Le indagini portano all’arresto di un folto gruppo di pregiudicati siciliani e del loro presunto boss, il geometra Antonino Carollo detto “Toni”, figlio incensurato di Gaetano Carollo, esponente della famiglia mafiosa di Resuttana ucciso nel 1987 a Liscate.
Insieme con numerosi episodi di traffico di stupefacenti, le indagini accertano una intensa attività edilizia del gruppo siciliano, realizzata – secondo l’accusa – con la collaborazione degli imprenditori Sergio Coraglia e Gaetano Nobile. Per agevolare le concessioni edilizie da parte del Comune di Milano, i clan siciliani avevano allacciato contatti con importanti esponenti dell’amministrazione. Vennero indagati per corruzione l’assessore all’urbanistica Attilio Schemmari, il sindaco Paolo Pillitteri e tre alti funzionari, poi assolti.
Tra il 1991 e il 1992 alla guida del Nucleo “CRIMOR” dei Carabinieri di Milano sgomina una raffineria di droga del clan Fidanzati in nord Italia.
Entrato in quel periodo nel neonato Raggruppamento Operativo Speciale, è capo della I Sezione del I Reparto del ROS, crea una Squadra, denominata CRIMOR – Unità Militare Combattente che dal settembre 1992 opera a Palermo, scegliendo, per formarla, un gruppo di Carabinieri al momento poco considerati nell’Arma e relegati a incarichi di non elevato profilo.
De Caprio è ricordato soprattutto in quanto, quando era a capo del CRIMOR, fu l’ufficiale che mise materialmente le manette il 15 gennaio 1993 al più potente e sanguinario esponente di Cosa nostra mai vissuto, Salvatore Riina. Il racconto dell’arresto del boss è stato varie volte messo in discussione, sia durante il processo celebrato a Palermo nel 2006 in relazione ai fatti che portarono alla ritardata perquisizione del “covo” di Riina, sia più recentemente dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino (condannato per mafia), secondo il quale in realtà Riina sarebbe stato consegnato ai Carabinieri da Bernardo Provenzano. Massimo Ciancimino, a oggi, è un “dichiarante” giudicato attendibile solo a fasi alterne nel corso di altri procedimenti. Peraltro, a ben vedere, l’unica ricostruzione ufficiale oggi disponibile delle vicende che hanno portato all’arresto di Salvatore Riina, è quella prodotta dalla sentenza n. 514/2006 con cui il tribunale di Palermo ha assolto il capitano De Caprio e il colonnello Mori dalle accuse loro rivolte a seguito della ritardata perquisizione dell’abitazione di Riina. Con la sentenza del 20 febbraio i giudici del tribunale di Palermo, oltre ad assolvere gli imputati «perché il fatto non costituisce reato», hanno voluto sottolineare e ribadire che «il latitante (Riina, ndr) non fu consegnato dai suoi sodali, ma localizzato in base a una serie di elementi tra loro coerenti e concatenati che vennero sviluppati, in primo luogo, grazie all’intuito investigativo del cap. De Caprio».
A confutare l’ipotesi che l’arresto del boss fosse stato frutto di un accordo con Provenzano, è emerso che le indagini che portarono alla cattura di Riina furono avviate sin dal 1990 dal capitano Angelo Jannone allorquando comandava la Compagnia Carabinieri di Corleone, il quale mediante una serie di intercettazioni ambientali nelle abitazioni dei familiari di Riina arrivò a individuare la famiglia Ganci – Spina come quella che ne favoriva la latitanza e passò quelle informazioni a De Caprio nell’agosto del 1992, dopo le stragi.
Dopo la cattura di Riina, dal 1993 al 1997, De Caprio si è dedicato alla ricerca di altri pericolosi latitanti, fino allo scioglimento del CRIMOR. Rimase nel ROS fino al 2000.
Da comandante della sezione del ROS di Palermo col grado di Maggiore, nel maggio del 2000 chiese il trasferimento ad altro incarico, in disaccordo con il vertice del ROS – al tempo comandato dal Generale Sabato Palazzo – relativamente all’impiego di personale provvisorio in attività d’indagine. A seguito della richiesta avanzata, venne assegnato al Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri (NOE), poi CCTA (Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente), come vice comandante. A Roma, grazie all’aiuto e all’appoggio dell’attore Raoul Bova (suo interprete nella miniserie Ultimo) e della Nazionale Cantanti, ha aperto una casa-famiglia per il recupero e il reinserimento di minori disagiati o figli di famiglie segnate dal crimine. Ha destato scalpore la decisione di togliere al “Capitano Ultimo”, nell’ottobre 2009, la scorta, riassegnatagli solo nel gennaio 2010. Il 4 ottobre 2012, su ordine del procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone, i Carabinieri del NOE coordinati da De Caprio e dal capitano Pietro Rajola Pescarini, hanno perquisito l’abitazione di Massimo Ciancimino a Palermo e di altri imprenditori e prestanome alla ricerca di carte, file e documenti sulla Ecorec utili alle indagini avviate dai pm Delia Cardia e Antonietta Picardi in riguardo al riciclaggio di denaro nella più grande discarica di rifiuti in Europa a Glina (Romania) del valore di circa 115 milioni di euro. Secondo gli investigatori, il denaro è riconducibile proprio a Ciancimino e farebbe parte del tesoro accumulato dal padre Vito quando era sindaco di Palermo. In merito, Massimo Ciancimino ha dichiarato: “Sono perplesso sul fatto che a coordinare l’indagine sia il colonnello ‘Ultimo’ che più volte si è espresso sulla mia persona definendomi delinquente e mafioso”.
Successivamente è stato a capo delle indagini che hanno portato all’arresto del presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi, avvenuto il 12 febbraio 2013. Secondo le ipotesi di reato formulate dalla Procura di Busto Arsizio, Orsi si sarebbe reso responsabile di corruzione internazionale, concussione e peculato per le presunte tangenti che sarebbero state pagate per la vendita di 12 elicotteri al governo indiano. Orsi è stato definitivamente assolto nel 2019.
Sempre su indagini relative alle discariche, a gennaio 2014 il suo reparto produce 7 arresti, tra cui il proprietario della discarica romana di Malagrotta Manlio Cerroni e l’ex presidente della Regione Lazio Bruno Landi. Il 4 agosto 2015, con notizia resa nota il 21 agosto, il generale Tullio Del Sette, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, lo esime dagli incarichi operativi e di polizia giudiziaria, pur lasciandogli l’incarico di vicecomandante del NOE. L’ultimo caso seguito è stato quello della Cpl-Concordia.